Azionariato popolare/partecipazione popolare dei tifosi, nuovo ddl presentato al Senato: siamo sempre sulla strada sbagliata
Se la notizia della proposta di disciplinare l’Azionariato popolare/partecipazione popolare dei tifosi, presentata alla Camera dall’on Molinari, l’avevamo accolta con tiepida positività, se non altro per l’interessamento al tema e al netto delle assolute criticità di cui avevamo parlato in questo post, dopo aver ricevuto un altro testo presentato questa volta al Senato contenente un disegno di legge con ‘’Disposizioni in materia di azionariato popolare e diffuso nello sport professionistico e dilettantistico, nonché delega al Governo per la modifica al sistema del calcio al fine di favorire l’ingresso e la crescita di atleti di formazione italiana’’(firmatari a prevalenza del gruppo di Fratelli d’Italia, che trovate qui), un brivido di terrore ci corre lungo la schiena…
DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa dei senatori RAPANI, RUSSO, PETRENGA, SIGISMONDI, ROSA, FAROLFI, MENNUNI, GELMETTI, LIRIS, ORSOMARSO, GUIDI, IANNONE e FALLUCCHI. N. 581 – 8 Marzo 2023
Il primo pensiero che viene in mente leggendo i vari articoli proposti è: ‘con questa roba non solo si fa 100 volte peggio dell’altra proposta, che tutto sommato può essere strumentalizzata principalmente dai grandi club, lasciando in pace lo sport dilettantistico e di base, ma si configura come uno schiacciasassi anche per i club medi, piccoli e piccolissimi’. Insomma un disastro totale, anche se bisogna essere ottimisti: alcuni articoli proposti sono talmente assurdi e fuori da ogni logica che difficilmente potranno trovare il necessario consenso per passare(o almeno lo speriamo).
Ma veniamo all’analisi del testo nel dettaglio di cui riportiamo uno stralcio della presentazione: ‘’Alcune società calcistiche della massima serie, soprattutto quelle di vertice, per coprire le spese di gestione, in aumento e in gran parte assorbite dagli stipendi dei giocatori, a fronte della notevole diminuzione delle entrate durante il lungo periodo di chiusura degli stadi a causa della pandemia, sono state costrette a ricorrere a consistenti prestiti bancari con alti tassi di interesse che gravano sui bilanci per decine di milioni l’anno. Pertanto, l’iniezione di capitale, stabile e non gravato da interessi, nelle casse delle società calcistiche da parte dei tifosi, nella veste di soci investitori mediante l’azionariato popolare e diffuso, si rende necessaria per ridurre l’esposizione debitoria delle stesse società e garantire loro stabilità e solidità finanziaria nel lungo periodo.’’
Ora appare chiaro dove si vuole andare a parare: tifoso-bancomat per pagare i debiti fuori controllo… L’idea che il capitale apportato dai tifosi possa essere di minor costo in termini di interessi passivi ci potrebbe pure stare ma solo a fronte di una riforma complessiva che imponga dei paletti alle spese dei club(salary cap ecc…). Domanda: credete sia fattibile? Io non penso, e se ci si limita a introdurre solo questo ‘‘azionariato diffuso’’ il tifoso pagherà parte dei debiti e finisce lì, il sistema resta senza controllo e nel giro di poco tempo si ritorna al punto di partenza.
Veniamo ora ai singoli articoli:
‘’Art. 1. (Finalità) 1. In attuazione dei princìpi e dei valori espressi dal secondo comma dell’articolo 41 della Costituzione, la presente legge reca disposizioni per favorire l’azionariato diffuso nelle società sportive professionistiche e dilettantistiche, anche attraverso le piattaforme autorizzate di crowdfunding, al fine di promuovere il ruolo dei sostenitori sportivi nella gestione delle stesse e di limitare la concentrazione di quote o di azioni societarie in capo a una sola persona. 2. Ai sensi della presente legge, per società o compagini sportive si intendono le società aventi quale oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di attività sportiva a livello agonistico e la produzione e messa a disposizione del pubblico, verso corrispettivo, dei relativi spettacoli e manifestazioni’’
Sulle finalità nulla da dire, l’intento è condivisibile ma sul come realizzarlo, vedremo a seguire, ci sono aspetti assolutamente critici che, oltre alla dubbia fattibilità tecnica, presentano aspetti preoccupanti per l’intero settore delle ASD e in generale per quella cultura associativa che dovrebbe contraddistinguere la vera partecipazione popolare.
‘’Art. 2. (Forma societaria e adeguamento statutario) 1. Ai fini di cui all’articolo 1, le società sportive professionistiche e dilettantistiche sono costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata. 2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le società sportive professionistiche e dilettantistiche adeguano il proprio statuto alle finalità di cui all’articolo 1. 3. In caso di inadempienza dell’obbligo di cui al comma 2, l’organismo federale competente provvede alla nomina di un Commissario per ogni società sportiva professionistica e dilettantistica inadempiente, con il compito di procedere al descritto adeguamento statutario, entro tre mesi dal suo insediamento.’’
Morte delle ASD, con questo passaggio si sancirebbe l’obbligo di trasformare l’intero settore delle associazioni sportive dilettantistiche in società di capitali. Passaggio non banale, perché oltre al fatto che una società di capitali costa in termini gestionali e amministrativi di più di una associazione, renderebbe, per gli adempimenti burocratici da affrontare, l’aspetto gestionale/burocratico ancora più complesso determinando la necessità per tutte le piccole realtà sportive di ricorre a professionisti, con conseguente aggravio di costi e tempi da dedicarci. Chi vive queste realtà sa perfettamente quanto la ricorsa alla sostenibilità sia dura, quanto per completare ogni stagione molte ASD già facciano i salti mortali e si rendono perfettamente conto che questo passaggio vuole dire: fine dei giochi. Magari involontariamente, ma questo articolo è appare come un espediente per dare una sforbiciata all’intero settore: stenti a essere sostenibile? Ti uccidiamo per terminare la tua agonia…
Il passaggio del commissario poi è meraviglioso(sarcasmo), ve li immaginate 10.000 commissari che devono traghettare le società dilettantistiche verso Spa e SRL? Le federazioni già ora stentano ad avere un controllo su un pugno di società perché spesso lavorano con organici carenti, immaginatevi a gestire questa transizione… E’ per passaggi come questo, come precedentemente vi dicevo, che sono ottimista che roba del genere non possa passare perché visibilmente assurda. E l’articolo in questione ci da modo di ribadire quella che può essere una via più sensata, ovvero: rendere l’apertura ai tifosi un processo facoltativo e non impositivo favorendo in primis una crescita culturale dei supporters, favorendo localmente le iniziative spontanee e solo dopo un percorso di osservazione di pregi e limiti intervenire in qualche modo per disciplinare a livello di legge.
‘’Art. 3. (Ambito di applicazione) 1. Si considerano società a partecipazione popolare le società sportive dilettantistiche il cui statuto stabilisce che ciascun socio ha diritto a un solo voto, qualunque sia l’entità o il valore della quota o il numero delle azioni possedute. 2. Le società sportive professionistiche possono emettere le azioni di cui all’articolo 2351, commi quarto e quinto, del codice ci vile, ovvero attribuire a determinati soci i particolari diritti di cui all’articolo 2468, terzo comma, del codice civile. In tali casi, le società si considerano, comunque, a partecipazione popolare a condizione che la maggioranza dei voti spetti agli enti sportivi a partecipazione popolare.’’
Il punto 1 dell’articolo 3 pone una domanda: perché allora non lasciare la forma associativa se tanto poi con questa struttura proposta funzionerebbe nello stesso modo, solo con costi gestionali maggiori? Il punto 2 invece è una sorta di 50+1 tratto dal modello tedesco(qui per approfondire), qui la domanda è: le attuali proprietà, per non parlare dei fondi e proprietà straniere, secondo voi vi lasciano carta bianca per essere espropriati o soppiantati nel controllo?(sarebbe anche un passaggio che condivido ma bisogna fare i conti con la realtà). E se non si può(ovviamente) fare un esproprio, credete che culturalmente e economicamente(soprattutto) i tifosi siano in grado di prendersi la gestione di una società sportiva e di tirare fuori somme tali da ricomprarsi almeno il 50%+1 del club nel giro di pochi mesi? Non tutte le tifoserie sono interessate a prendere parte attiva nelle società, è un passaggio culturale che richiede tempo e crescita di consapevolezza da parte dei tifosi, lì bisognerebbe lavorare. Piuttosto che operare rivoluzioni folli si dovrebbe sostenere il lavoro delle federazioni nel confronto attivo con i supporters e nel sostegno delle buone pratiche in termini di partecipazione che già sono state realizzate, ideare e sostenere strumenti e organizzazioni che possano favorire l’aggregazione delle forze positive che arrivano dalla base e sostenere un processo di crescita culturale che spinga alla responsabilizzazione dei tifosi in materia di partecipazione alla governance.
‘’Art. 4. (Statuto degli enti sportivi a partecipazione popolare) 1. Ai fini di cui all’articolo 1, lo statuto delle società o compagini sportive prevede: a) che a ciascun socio, associato o partecipante spetti un solo voto, qualunque sia il valore o l’entità della quota o della partecipazione detenuta nell’ente sportivo a partecipazione popolare; b) che le disposizioni in esso contenute garantiscano all’ente e alla sua struttura organizzativa interna caratteri inclusivi e partecipativi, di democrazia e trasparenza, ai sensi del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117; c) l’obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse, nel rispetto delle previsioni degli articoli 8, comma 2, 9, 13, 14 e 21 del codice di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117; d) il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, di utili, avanzi di gestione, fondi, riserve o capitale durante la vita del l’organizzazione a favore di soci, associati o partecipanti nonché a favore di componenti degli organi di amministrazione e controllo, di rappresentanti e collaboratori a qualunque titolo e di dipendenti. 2. Fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di erogazione de gli utili da parte delle società cooperative, si applicano le disposizioni dell’articolo 8, comma 3, del codice di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117.’’
Questo quarto articolo non presenta particolari criticità, per molti aspetti è affine alla struttura ideale che nel tempo si è andata affermando tra le realtà italiane(e compresa nei loro statuti) che hanno intrapreso questo percorso, spiegata qui e sintetizzabile in:
Principi fondamentali di un’associazione di tifosi:
- democraticità: “una testa un voto”
- Indipendenza dal club di riferimento e di proprietà dei tifosi e della comunità;
- forte legame con la comunità di riferimento e orientata alla promozione dello sviluppo della stessa;
- inclusività, apertura a tutti e non discriminazione;
- destinata alla creazione della più ampia base possibile di sostenitori, grazie all’accessibilità di chiunque voglia partecipare;
- assenza di lucro (no for profit)
L’orientamento dell’attività associativa non può prescindere dai seguenti compiti sociali
- sviluppare una stretta identificazione ed un senso di appartenenza con la propria società sportiva
- influire nelle scelte della società sportiva ed essere coinvolti nei meccanismi decisionali, promuovendo il punto di vista dei supporters e costruendo un rapporto positivo e proattivo con la proprietà e la dirigenza;
- salvaguardare il legame storico fra il club sportivo e la comunità locale preservandone la tradizione della società sportiva e dei suoi tifosi(stadio, stemma, denominazione, titolo sportivo, colori sociali);
- di proporre modelli proprietari e di gestione sostenibile della propria società sportiva, che prevedano la partecipazione nella proprietà della società sportiva e il suo coinvolgimento a 360° nella comunità
- l’educazione ad una dimensione etica e culturale della passione sportiva, ad un impegno civile contro la violenza e la discriminazione, alla diffusione presso i giovani dell’amore per la pratica dello sport, l’educazione alla sportività e alla lealtà della competizione.
Brevemente sull’articolo 6 che prevede incentivi fiscali all’acquisto di azioni, può essere una via per incentivare l’investimento ma, come accennato in precedenza, senza una adeguata riforma strutturale che riporti i club su binari sostenibili i tifosi sarebbero costretti a ricapitalizzare a più riprese, o vedersi diluire la propria quota, visto che la quasi totalità delle società sportive è in perdita sistematica. Poniamo che si riesca a fare una prima sottoscrizione soddisfacente, siamo sicuri che nel medio-lungo termine sia sostenibile con questi presupposti la vera partecipazione? Non credo.
In conclusione, purtroppo su questa base si va verso una strada sbagliata, insistendo sull’obbligatorietà del passaggio e ignorando che probabilmente i tifosi stessi non sono ancora pronti a questo passaggio. Per come è configurata non possiamo che ribadire che questa proposta non rappresenta altro che l’idea di considerare i tifosi come un bancomat per far fronte ai problemi economici di questa fase storica e una mannaia sul mondo delle ASD. Presupposti completamente da rigettare. Per sviluppare un percorso di partecipazione dei tifosi è imprescindibile considerare un orizzonte temporale lungo e ribadiamo il medesimo commento con cui si è analizzata la proposta Molinari: ‘Si valuti pertanto un vero processo partecipativo che parta dalla base, processo che sarebbe nella sua essenza stessa un percorso che favorirebbe la crescita di tutti i soggetti coinvolti, in primis i tifosi stessi, ma anche tutto il mondo istituzionale che avrebbe modo di osservare da vicino quanto fatto, prendere il buono dalle esperienze dirette e rimuovere gli ostacoli sul percorso di quelle realtà che finora, senza alcun supporto, hanno compiuto miracoli potendo contare solo sulle proprie forze.
Bisogna entrare nell’ottica che un processo vero di coinvolgimento attivo dei tifosi, affinchè sia di impatto sia a livello sociale che economico, va condotto in maniera graduale, c’è da fare una crescita tutti insieme, tifosi e istituzioni che con pazienza e tempo prendano coscienza dell’impatto positivo che la costruzione di una relazione sana e propositiva tra tutti gli attori possa portare assoluti vantaggi a tutti e anche di essere un mezzo per contrastare fenomeni di violenza e discriminazione.’