In questi giorni da più parti mi è stato chiesto un commento in merito alle recenti iniziative presentate come vie alla partecipazione popolare collegata a particolari piattaforme che consentono di effettuare raccolte fondi attraverso il cosiddetto equity crowdfunding.

L’equity crowdfunding è un particolare strumento di raccolta di risorse economiche che prevede la vendita attraverso canali online di quote/azioni di una società(a seconda che si parli di Srl o Spa) che fanno ricadere l’operazione nelle casistiche dell’azionariato diffuso o della partecipazione diffusa(No democraticità, no partecipazione popolare) con potere e peso del voto che varia in funzione delle quote acquistate(ulteriori approfondimenti: le differenze tra partecipazione popolare / azionariato popolare / azionariato diffuso / crowdfunding dei tifosi, qui). Nulla di diverso da una emissione di azioni come se ne sono viste negli anni passati da parte di club che si trovano in mercati regolamentati, la differenza, oltre all’utilizzo di particolari piattaforme online specializzate, in particolare per l’equity crowdfunding lanciato da una Srl, è che non ha particolari obblighi di informativa sull’investimento mentre per le Spa ci sono tutta una serie di adempimenti richiesti dall’organo di vigilanza(Consob). Operazione del tutto e per tutto legittima ma che non può essere considerata come uno strumento di partecipazione popolare, è piuttosto una via di mezzo, sebbene molto più vicina però al mero sostentamento economico della società target che a un vero coinvolgimento attivo.

Vediamo quindi in molta sintesi le differenze con la vera partecipazione popolare tipica delle esperienze tedesche(modello tedesco), dei Supporters’ Trust inglesi e dei Socios spagnoli.

Queste tre esperienze, approfondite in questo post, hanno dei tratti distintivi comuni avendo infatti al vertice di controllo un’associazione:

– Democratica(‘una testa, un voto’)

– Senza scopo di lucro (no profit)

– Aperta e accessibile a tutti

– Trasparente nei suoi componenti, organi interni e attività poste in essere(sia sociali che economiche)

– Indipendente, di proprietà e gestita dai tifosi

– Focalizzata sulla comunità

Queste caratteristiche(approfondite qui) garantiscono che i tifosi siano considerati tutti allo stesso modo grazie al principio di ‘una testa, un voto’, che le cariche sociali siano accessibili a tutti e che quindi l’associazione e il suo indirizzo/influenza sulla società sportiva sia il risultato di un ampio processo democratico in cui gli associati sono coinvolti in tutti gli aspetti riguardanti la governance. Le risorse versate non sono un ‘investimento’ dal quale ci si aspetta in x anni un ritorno, ma una via disinteressata per contribuire alla crescita della propria realtà sportiva. In Germania ad esempio chiunque può accedere alla carica di Presidente/consigliere dell’associazione, le candidature vengono presentate assieme anche al proprio curriculum e il risultato è che vengono eletti democraticamente consiglieri che sono allo stesso tempo rappresentativi della base e anche preparati, questi a loro volta selezionano il management della società sportiva garantendo che la stessa sia gestita con professionalità. Quello tedesco è spesso un riferimento citato a sproposito, invitiamo ad approfondire il perché qui: modello tedesco.

Nei casi del passato che abbiamo avuto modo di analizzare in alcune circostanze esiste un’associazione di vertice(che controlla il club e i processi decisionali) ma risulta chiusa, non aperta all’adesione della base e con scarse informazioni sulla sua composizione e sui suoi meccanismi operativi. Parlare di partecipazione popolare in questo caso risulta quantomeno non corretto, soprattutto se si pensa che in UK o meglio ancora in Germania sono decine di migliaia gli associati che esercitano il loro diritto di voto e a tutti è consentito l’accesso all’associazione grazie alle quote di adesione popolari.

Nell’equity crowdfunding ciascun aderente acquisisce una determinata quota, il peso del voto dipende da quante quote/azioni(a seconda se si parla di Srl o di Spa) questo acquista(chi prende quote per 100 euro avrà dieci volte più peso di chi ne acquista per 10 euro), il peso del voto quindi non coincide con una partecipazione democratica(‘una testa, un voto’) ma è ponderato per le quote/azioni possedute, inoltre in diversi casi queste raccolte prevedono speciali categorie di contribuzione che riducono ulteriormente il campo di influenza del singolo tifoso, relegando spesso questo potere a soli aspetti marginali.

La chiave di lettura che suggeriamo è essenzialmente questa per distinguere tra le diverse forme di coinvolgimento economico dei tifosi: individuare la presenza o meno di processi decisionali democratici: tutti i tifosi possono accedere al veicolo di controllo, sono uguali e hanno gli stessi diritti di voto, nessuno ha più influenza di altri, i processi decisionali avvengono attraverso il confronto tra gli associati che decidono a maggioranza. Confronto e democrazia stimolano infatti la partecipazione attiva e innescano un processo di responsabilizzazione del tifoso.

Un club a partecipazione popolare è: una società sportiva sotto forma di Associazione sportiva in cui ogni associato ha un solo voto a prescindere dal contributo che versa: ‘una testa, un voto’; oppure: una Società Sportiva sotto forma di Società a Responsabilità Limitata(Srl) o Società per Azioni(Spa) in cui la Società è partecipata per la totalità delle quote/azioni, o almeno per il 50% +1, da una Associazione di tifosi regolata dal principio ‘una testa, un voto’ e accessibile a tutti. Massima democraticità e partecipazione. E’ quanto avviene nel modello tedesco, nei Supporters’ Trust/Community Club inglesi, nei club di Futbol Popular dilettantistici spagnoli e in qualche caso in quelli professionistici con il modello dei Socios.

Se non vi sono processi regolati democraticamente si può parlare di partecipazione passiva dei tifosi, rivolta essenzialmente al sostegno economico, meno ancora si può definire partecipazione se si presenta l’adesione come un vero investimento presupponendo che si contribuisca al club per un ritorno economico, approccio lontano da quanto sviluppato in molti contesti europei e da numerose realtà italiane in cui il contributo non ha aspettative di essere remunerato in alcun modo.

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