Tifosi e partecipazione popolare: la spinta ‘dal basso’ per costruire un percorso di partecipazione attiva dei tifosi

Uno degli elementi fondamentali per lo sviluppo di un percorso di partecipazione attiva dei tifosi nella governance di un club sportivo è la spinta ‘dal basso’ ovvero la maturazione all’interno della tifoseria dell’idea e della giusta motivazione di compiere un passo in avanti nel come ci si interfaccia con la propria società sportiva. Lo sviluppo quindi di un sentimento comune all’interno della base del tifo che matura una volontà condivisa di non essere più semplice spettatore passivo ma soggetto attivo e propositivo nei confronti del proprio club(qui: Tifosi e partecipazione popolare: organizzazione, finalità, strumenti e filosofia).

Le iniziative ‘dall’alto’, spinte da esempio dai proprietari della società(spesso con l’unico fine di raccogliere risorse) o da personaggi esterni al tifo ‘popolare’ non hanno spesso dietro la necessaria consapevolezza e motivazione della base del tifo per poi sviluppare correttamente un vero percorso di partecipazione(nella prassi italiana spesso è andata così, ciò non toglie che si possano creare positive coincidenze di intenti e che a una spinta ‘dall’alto’ arrivi una risposta positiva e motivata ‘dal basso’). Sottolineo molto l’importanza dei temi della motivazione e consapevolezza della base perché dare vita a un percorso di partecipazione che si basa sul volontariato, sulla passione dei tifosi, è un impegno gravoso e solo con il giusto entusiasmo lo si porta fino in fondo. In questa fase storica chi si cimenta in questa via deve avere la consapevolezza che ogni mossa sbagliata darà fiato ai (tanti)detrattori che vi vogliono come silenziose vacche da mungere(qui: Tifosi e Partecipazione attiva: le differenze tra partecipazione popolare / azionariato popolare / azionariato diffuso / crowdfunding dei tifosi).

In primis, quindi, invitiamo a diffidare di chi lancia appelli a fantomatici ‘azionariati popolari’: primo, perché è una definizione che non ha alcuna base semantica, secondo perché una vera partecipazione, soprattutto se si fa riferimento a modelli esteri, non prevede l’acquisto diretto di azioni o quote del singolo tifoso, ma un’operazione svolta attraverso un’associazione democratica di tifosi che può avere un ruolo importante anche senza necessariamente essere coinvolta nella proprietà della società sportiva(qui: I modelli di influenza dei tifosi. Le 7 vie per la partecipazione attiva(Doc)). La chiave infatti è la rappresentatività: se un’associazione è in grado di rappresentare trasversalmente tutta la tifoseria allora diventa necessariamente un interlocutore con cui club e amministrazione comunale devono rapportarsi(qui Azionariato popolare vs vera partecipazione popolare).

Dare vita a un’associazione di tifosi non vuole dire automaticamente volersi comprare la società, se il progetto è serio ci si propone di costruire una voce rappresentativa del tifo, democratica, trasversale e aperta a tutti(qui Associazione di tifosi, lo spirito e i principi fondanti dell’attività associativa), per intervenire in caso di necessità, a seconda delle proprie possibilità, oppure semplicemente diventando osservatore attento delle vicende e svolgere un ruolo di controllo e ‘pressione’ su club e istituzioni cittadine affinché la società sia gestita in modo da garantirgli in primis la sopravvivenza e quindi un sviluppo sul lungo periodo(qui Costruire partecipazione attraverso un’associazione di tifosi). La fasi che un club sportivo attraversa nel corso del tempo sono mutevoli e aprono o meno opportunità di essere attivamente coinvolti nella società, ma non deve essere il solo scopo quello di entrare nella proprietà, sicuramente un obbiettivo a cui ambire, ma l’influenza dei tifosi si può sviluppare con percorsi diversi(qui Fan engagement – Partecipazione attiva e costruttiva: Forme di relazione e dialogo tra club e tifosi).

Nel contesto italiano, vuoi per abitudine a aspettare un salvatore(che puntualmente diventa carnefice qualche anno dopo), vuoi per l’ancora carente cultura del fenomeno della partecipazione attiva, questo meccanismo si attiva spesso in concomitanza con il conclamarsi di situazioni di difficoltà del proprio club di riferimento tra rischi di fallimento, mancate iscrizioni, spostamenti di titoli sportivi, cattive gestioni e rottura tra club e tifoseria. I tempi ristretti però non giocano a favore di una riuscita delle varie iniziative che spesso vengono viste come ultimo appiglio prima della scomparsa e che, per la complessità organizzativa, richiedono tempi fisiologici e la necessaria pianificazione(qui:Save our football club! Guida per i tifosi per lo sviluppo di un percorso di partecipazione popolare).

La creazione di un percorso serio di partecipazione attiva dei tifosi passa necessariamente per una serie di passaggi che richiedono tempo, organizzazione e studio del fenomeno attraverso l’analisi delle diverse alternative che si possono intraprendere come anche attraverso il confronto con altre realtà che hanno già intrapreso questo percorso. Uno degli elementi che spesso vengono dimenticati da chi pontifica di modelli esteri(purtroppo senza averli studiati e magari scopiazzati, male, da queste pagine) è che tra le tifoserie, parallelamente allo sviluppo delle varie forme di partecipazione dei tifosi, si è anche sviluppata una forte solidarietà tra tifoserie, anche rivali, che si sono supportate l’una con l’altra nel loro processo di crescita(qui Tifosi e partecipazione popolare: i modelli diffusi in Europa). Vi faccio un esempio che ho avuto modo sia di studiare ai tempi dell’università, sia di conoscere direttamente qualche anno dopo grazie alla rete di Supporters in Campo con i progetti europei ”Improving Football Governance through Supporter Involvement and Community Ownership” e ”Clubs and supporters for better governance in football: in UK le prime associazioni nascono nei primi anni 90, furono club come Northampton, Swansea, Kettering Town e Brentford a aprire la strada, i grandi Supporters’ Trust(associazioni di tifosi) inglesi di Manchester United, Everton, Tottenham, Chelsea o Liverpool, sono nati più di un decennio dopo grazie proprio all’aiuto delle ”provinciali”, quindi parlare con gli amici di Taranto(APS Taras), Arezzo(Orgoglio Amaranto), Siena(Millenoventoquattro), Fasano(Il Fasano Siamo Noi) e Derthona(Noi siamo il Derthona), o dal Centro Storico Lebowski, Cava United o Ideale Bari(e molti altri ancora), può darvi spunti interessanti, oppure consultare il Manuale realizzato dalla collaborazione di diverse associazioni di tifosi.

E’ nelle battute iniziali che si determina gran parte del successo di una associazione, la chiave è la rappresentatività: se un’associazione è in grado di rappresentare trasversalmente tutta la tifoseria allora diventa necessariamente un interlocutore con cui club e amministrazione comunale deve rapportarsi. Come evidente raggiungere questo livello di coinvolgimento non è un passaggio da poco e richiede tempo e metodo, serve incontrarsi, dibattere e pianificare, trovare compromessi e soluzioni temporanee.

Il tema della rappresentatività è centrale nella riuscita di una iniziativa, e la fase di lancio dell’organizzazione è uno dei momenti chiave per il successo nel lungo termine: il percorso deve passare attraverso il coinvolgimento di tutta la base, singoli tifosi, club di tifosi, coordinamenti, gruppi organizzati, senza escludere nessuno ma cercando anzi forze provenienti dalle diverse anime del tifo in modo da costruire un vera voce che sia in grado di fare sintesi e di rappresentare trasversalmente il sentimento dell’intera comunità. Per questo è fondamentale la spinta ‘dal basso’. In ormai 12 anni da osservatore privilegiato di queste iniziative, la stragrande maggioranza di quelle che hanno creato gruppi ‘elitari’ escludendo parte della tifoseria, mancando nell’imprescindibile opera di diplomazia e mediazione tra le differenti sensibilità del mondo del tifo locale, hanno fallito nel loro percorso scomparendo dalla scena o languendo con numeri di associati simili ai numeri di condominio di qualche piano.

L’associazione deve essere un luogo aperto e inclusivo di dialogo e confronto, anche aspro, ma con l’unico obbiettivo del bene e della prosperità della propria società sportiva, non un luogo per capi popolo, per quanto carismatici, ma un centro di condivisione di idee e proposte che coinvolga l’intera tifoseria.

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